L'Ultima Primavera


MEMINI

L'Ultima Primavera

ROMANZO

MILANO
Casa Editrice BALDINI, CASTOLDI & C.º
Galleria Vittorio Emanuele, 17 e 80

1909


PROPRIETÀ LETTERARIA

MILANO — TIP. PIROLA & CELLA DI P. CELLA


[1]

I.

Ritta, immobile dinanzi al grande specchio a trecomparti, Marina Negroni aveva testè compiuta lasua elegante acconciatura di passeggio. Ma la giovanesi indugiava, pensosa, dinanzi alla propria immagine.

Sul volto suo, nessuna traccia di vanità, nè dicompiacenza intima, non il sorriso trionfante dellabellezza che si ravvisa. Pure, ell'era bellissima, MarinaNegroni.

Alta, di forme decise, tendenti alla maestà del tipogiunonico. Bionda, d'un biondo acceso, quasi fulvo.Fattezze armoniche, regolarissime, un bello palese,non mutevole, invariabilmente sereno. Se Marinaavesse avuto dei nemici, questi, parlando di lei, avrebberopotuto insistere su quell'eccessiva immutabilitàdella sua bellezza. Avrebbero potuto dire altresì, cheella dimostrava tutti quanti i suoi venticinque anni.Ma non altro appunto avrebbero potuto movere all'aspettodi quella fanciulla. Nè maggiore appiglio avrebberoofferto alla loro critica il carattere ed il contegno[2]di lei. Somigliavano, per l'appunto, alla suaformosa bellezza. Erano, al pari di questa, invariabilmentecalmi e sereni.

Ella dunque non si ammirava, si studiava soltanto.

Era, non era ciò che doveva essere quel giorno,per quella data circostanza?

La circostanza era grave, e Marina lo sapeva. Sipassò coscienziosamente in rivista. Qualche ritoccoancora, qua e là; una ciocchettina di capelli un po'ribelle da rimovere, più assestata sul fianco la faldadella giacchettina, meglio stretta al collo la strisciadi finissima trina che s'alzava oltre il goletto altodell'abito.

Dopo un momento e stando sempre davanti allospecchio, Marina cominciò la sua esercitazione disorrisi.

Ne eseguì parecchi, leggiadri tutti e discreti, unascala semitonata, progressiva di sorrisi per bene. Unofra essi non riesciva a modo suo, lo ripetè pazientemente,sinchè riescì a fissarlo, determinato, sullafisonomia. Doveva significare una serenità intimacon un'ombra di meraviglia, quasi un accenno al destarsidi un vago interessamento. Poi susseguì il sorrisopiù palesemente animato e subito dopo, con unaabile, rapida transazione di espressioni, il ritorno allaperfetta calma della fisonomia, quella calma grandiosache dava all'aspetto di Marina Negroni qualcosadell'immagine di una Dea che, assorta in divinipensieri, movesse a diporto sulle nubi di un Olimpo.

[3]

Un momento, tutto ciò venne meno. Marina tralasciòdi esercitarsi. Aggrottò le ciglia e sorrise, masinceramente, involontariamente, per conto suo. Equel sorriso non narrava una lieta storia.

Un lampo di stanchezza, d'intimo disgusto passònei grandi occhi azzurrini, tutta la persona ebbe unaespressione accasciata e piena di sconforto.

— Ancora... sempre!... — mormorò la fanciulla. — Esempre per nulla. Son certa... lo sento cheanche stavolta...

Ebbe un piccolo brivido. La lunga serie dei disappunti,dei tanti falliti tentativi, tornò, crudele, allasua memoria.

Ma subito crollò le spalle.

— Sciocchezze, tutto ciò! E ad o

...

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