DISCORSI STORICI
DI
CESARE CANTÙ
A Deo credita sunt illis eloquia Dei. Quid enimsi quidam illorum non crediderunt? numquid incredulitaseorum fidem Dei evacuabit? Absit.
Ep. B. Pauli ad Romanos, cap. III, 2, 3.
Hæc omnia pertractantes, nihil aliud teneatisnisi quod vera fides per catholicam ecclesiam docet.
S. Gregorii L. VI, ep. 15.
VOLUME PRIMO
TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE
Via Carlo Alberto, casa Pomba, Nº 33
1865
Diritti di riproduzione e di traduzione riservati alla Società Editrice.
Depositate le copie volute dalla Legge, il 4 novembre 1865.
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Ne' lavori storici, che formarono l'occupazione, la compiacenzae lo strazio della lunga mia carriera letteraria, sempre una granparte ho assegnato alle religioni, persuaso non possa acquistarsi interoconcetto dei tempi e degli uomini quando non si conosca ciòche essi credeano, temeano, speravano intorno alle cose superne.Principalmente nella Storia degli Italiani accurai le vicende del cattolicesimo,che sempre nel nostro paese ebbe trono e capo; e particolarmenteil momento in cui esso venne straziato dalla Riforma.
Gli storici nostri, preoccupati della politica, vi trasvolarono; eaccennato ch'ebbero l'appalto delle indulgenze, le diatribe diLutero, la scomunica di Leone X, il concilio di Trento, poc'altro sibrigarono di un fatto, che pure agitava la società fin nelle viscere.La vulgare abitudine di dire una cosa perchè fu detta, fa ripeteretuttodì quel di Voltaire, che l'italiano, popolo ingegnoso, occupatod'intrighi e di piaceri, nessuna parte prese alle sovversioni di queltempo.
All'opposto gli scrittori ecclesiastici, col tono querulo e desolatoche sembra in essi rituale, esagerano l'estensione del danno; e intentisolo a difendere la Chiesa stabilita, negli eretici non riconosconoche anime perdute, da esecrare piuttosto che da esaminare; e colnon supporvi nè buona fede, nè scusabile errore, giustificano i rigoriusati contro di essi, come contro malvagi e ribelli.
Nobili caratteri, limpide intelligenze, passionate persuasioni chedisputano per arrivare al possesso delle verità eterne; intere generazionimoventisi sotto l'impero d'una legge morale, qual è il bisognodi riformare le credenze e gli atti, parvero a me spettacolosolenne; nè forse infruttuoso a tempi affogati negli interessi materiali.[6]Anzi, più lo contemplavo, più vi trovava somiglianze alla situazioneodierna.
Fattasi anche nel Cinquecento una subitanea effusione di cognizioni,gli uomini si videro aperti nuovi orizzonti, e demolirono il dirittoantico senza riuscire a edificarne un nuovo. Anche allora lefazioni calunniarsi a vicenda ne' costumi, nella fede, nell'intelligenza;palleggiarsi que' titoli, che sono tanto più irreparabili quantopiù generici e mal definiti; sotto frasi simpatiche mascherare calcoliegoistici; a parole inani arrogare l'autorità di fatti, e a formoleil va